Premessa

Negli ultimi anni abbiamo assistito ad un progressivo ed inesorabile espandersi di questa “nuova” disciplina sportiva che, grazie anche alla sua immediatezza e oggettiva minor difficoltà tecnica e fisica nell’approccio, ha permesso di avvicinare il grande pubblico agli “sport di racchetta” tradizionalmente molto complessi e con una curva di apprendimento estremamente ripida capace di far desistere anche l’atleta più motivato.

In questo solco di popolarità ovviamente i circoli e le associazioni sportive hanno cercato di inserirsi appieno nel tentativo di fornire un servizio di alto gradimento ai propri tesserati ma anche, perché no, nella speranza di acquisire nuovi membri e rimpinguare le spesso languide casse.

Travolti dal “ciclone padel” quindi, molti hanno pensato di riconvertire alcuni polverosi e martoriati campi da tennis forse in maniera un po’ frettolosa e senza tenere bene a mente le normative del settore urbanistico-edilizio.

E’ proprio di questo che si occupa l’interessante pronuncia che oggi vorrei porre alla vostra attenzione.

Il principio di diritto

Con la sentenza n. 11999 depositata il 22 Marzo scorso la Terza Sezione penale della Suprema Corte di Cassazione ha sancito il principio di diritto secondo cui “ La realizzazione di un campo di padel, così come la conversione di un campo da tennis in un campo da padel, costituisce una nuova costruzione, per la cui realizzazione è necessario il permesso di costruire” dichiarando inammissibile il ricorso proposto da una società sportiva dilettantistica avverso l’ordinanza del tribunale del riesame che aveva confermato il sequestro preventivo di due campi da Padel realizzati, peraltro, in zona vincolata sia paesaggisticamente che sismicamente.

Gli Ermellini hanno infatti preso spunto dalla giurisprudenza amministrativa che si è già ampiamente scontrata con tale problematica “in ragione della crescente popolarità dello sport in questione” la quale ha da tempo rilevato che anche un campo da padel “incide sul territorio in termini di modifica del medesimo” rientrando pertanto appieno nel concetto di “nuova costruzione” di cui all’art. 3 lett. e) del D.P.R. 380/2001.

Come graniticamente e univocamente sostenuto dalla Giurisprudenza sia di merito che di legittimità infatti, il citato T.U.E. assoggetta a permesso di costruire “non soltanto le attività di edificazione, ma anche altre attività che, pur non integrando interventi edilizi in senso stretto, comportano comunque una modificazione permanente dello stato materiale e della conformazione del suolo per adattarlo ad un impiego diverso da quello che gli è proprio in relazione alla sua condizione naturale ed alla sua qualificazione giuridica”. Difatti, secondo la Corte, il campo da padel si differenzia in modo sostanziale dal campo da tennis (in terra rossa aggiungo io V. conclusioni) poiché per questi ultimi occorre una “semplice” attività di movimentazione e di sistemazione del terreno che non ne altererebbe le caratteristiche geologiche originarie mente invece, per la realizzazione di un campo da padel, risulta necessaria la predisposizione di un massetto in cemento sul quale fissare il tappeto in sintetico oltre che la posa in opera di barriere di vetro temprato a chiusura dello spazio di gioco.

I vincoli paesaggistici

Su tali argomentazioni tecniche si basa la decisione del Supremo Collegio, il quale ha ravvisato nella modificazione sostanziale e permanente del territorio la caratteristica essenziale tale da richiedere il titolo edilizio del permesso di costruire in luogo di una “sempliceSCIA per ristrutturazione edilizia “leggera”, rammentando inoltre che “il rilevante impatto dell’intervento edilizio va riferito non solo al profilo urbanistico, ma anche a quello paesaggistico”. Sotto questo aspetto, si rileva l’assenza, negli elenchi del DPR 31/2017 (c.d. autorizzazione paesaggistica “semplificata”), degli interventi relativi alle attrezzature sportive, il che si traduce necessariamente nella constatazione che ad essi non si possano applicare le semplificazioni introdotte dal citato decreto.

La normativa del “Terzo Settore”

Secondo la Corte, infine, neppure il fatto che la ricorrente appartenga al c.d. “terzo settore” può certamente integrare una deroga ai basilari principi che governano il diritto edilizio ed urbanistico in materia di “nuove costruzioni” anche tenendo a mente l’art. 71 del Codice del terzo settore il quale consentirebbe a dette organizzazioni di utilizzare beni anche se realizzati in modo difforme dalla destinazione urbanistica consentendo una temporanea “modifica di destinazione d’uso” dei locali in cui si svolgono le attività istituzionali. Tale facoltà è certamente stata prevista per favorire ed agevolare le attività svolte da tali enti negli spazi e locali esistenti e non può rappresentare un “escamotage” per aggirare le norme edilizie fondamentali.

Conclusioni e considerazioni

Certamente la pronuncia in esame non “sconvolge” ne altera l’orientamento giurisprudenziale di riferimento ma ne conferma in realtà la rigidità e l’inamovibilità propria di questo settore.

Da umile studioso della materia e da ancor più umile appassionato e praticante di tennis però mi sento di sollevare alcune riflessioni.

Come avviene per ogni questione particolare, non si deve cadere nel tranello della generalizzazione e pretendere che il principio di diritto appena analizzato possa  e debba essere applicato a tutte le situazioni che riguardano la riconversione di un campo da tennis in un campo da padel.

Basti pensare ad esempio alla riconversione di un campo da tennis in cemento o in sintetico (piuttosto che in terra rossa) il quale ha già rappresentato una modifica sostanziale e permanente del territorio e pertanto a parere mio non necessiterebbe del titolo abilitativo “principe” ossia del permesso di costruire. Si pensi poi alla riconversione di un campo da tennis ubicato all’interno di una struttura fissa realizzata il legno o in tubolari di metallo. Necessita anche questa del permesso di costruire? A mio avviso no.

Ultimo accenno critico riguarda la questione relativa al fatto che secondo la Suprema Corte, il campo da tennis (in terra) non rappresenterebbe una modifica che va ad alterale le caratteristiche del terreno il che giustificherebbe la necessità del permesso di costruire in caso di riconversione in campo da padel. Ecco su tale presa di posizione mi sento di dissentire profondamente. Come ogni appassionato giocatore di tennis sa perfettamente, anche il campo da tennis in terra rossa ha bisogno non soltanto di una precisa e puntuale attività di movimento terra ma risulta necessaria la predisposizione di fondi drenanti specifici ed in alcuni casi di impianti tubolari ubicati sotto al manto terroso per agevolare appunto il deflusso delle acque. Ogni campo deve sessere poi dotato di ampia ed alta recinzione ancorata a palificazione metallica spesso innestata su micro-fondazioni in cemento per assicurarne la tenuta in caso di vento forte.

Orbene a mio parere anche un “semplice” campo da tennis in terra rappresenta già una modificazione essenziale e non certo temporanea del territorio pertanto comprendo il motivo per cui l’associazione dilettantistica sia incorsa nella convinzione della non necessità del permesso di costruire optando per una più agevole SCIA per ristrutturazione.

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