Da quando nel 2008 gli Stati Uniti hanno intimato alla Banca svizzera UBS di rilasciare i nominativi di 52.000 clienti americani che avrebbero frodato il fisco statunitense con l’utilizzo di conti off-shore, la lotta internazionale contro i paradisi fiscali ha subito una significativa accelerazione.

Da allora si è avviata con effetto domino la proliferazione di accordi di collaborazione amministrativa tra gli Stati finalizzati a contrastare i fenomeni di evasione ed elusione fiscale ma anche quelli di riciclaggio, competizione fiscale dannosa e altri ancora si distinguono gli scambi di informazioni.

Si segnala quindi che ad oggi sono 109 i Paesi hanno sottoscritto la ”Convenzione multilaterale sulla reciproca assistenza amministrativa in materia fiscale” cd. MAAT, elaborata dall’OCSE e dal Consiglio d’Europa, la quale rappresenta uno strumento aggiuntivo alle disposizioni sulla trasparenza fiscale contenute nelle Convenzioni contro le Doppie Imposizioni (articolo 26 del modello OCSE) ed ai TIEA (Tax Information Exchange Agreement).

Tra i paesi che hanno aderito al MAAT e che sono stati storicamente considerati delle roccaforti del segreto bancario figurano Panama, Principato di Monaco, Emirati Arabi e la Svizzera.

Si ricorda in particolare che la Confederazione Svizzera ha siglato il 23/2/2015 a Milano un protocollo che ha sancito l’eliminazione del segreto bancario svizzero consentendo al nostro Ministero delle Finanze di richiedere informazioni su fatti e circostanze di natura fiscale così come esistenti o realizzate dalla data di stipula dell’accordo.

Ancora gli istituti finanziari svizzeri sono obbligati dal 1/1/2017 ad alimentare costantemente la nuova piattaforma elettronica elvetica “AFC SUISSE TAX” che comporterà nel corso del 2018 l’invio del primo flusso automatizzato di informazioni fiscali al nostro Ministero delle Finanze.

Abbiamo peraltro assistito già a partire dal 2015 a numerose situazioni in cui le Banche svizzere hanno bloccato le movimentazioni finanziaria dei conti correnti compreso il prelievo di denaro, fin quando non fosse stata documentata la regolarizzazione della propria posizione con l’amministrazione finanziaria italiana.

In tale rinnovato contesto, la recente riapertura dei termini della “Voluntary Disclosure” rappresenta un’importante opportunità per i contribuenti italiani che intendono regolarizzare la propria posizione fiscale con riguardo alle attività detenute all’estero in violazione delle norme fiscali che disciplinano sia l’omessa od infedele dichiarazione dei propri redditi di fonte estera che l’omesso monitoraggio dei patrimoni finanziari, mobiliari ed immobiliari detenuti all’estero.

Ricordando peraltro che attraverso la nuova versione della “Voluntary Disclosure” sono possibili le regolarizzazioni anche del denaro in contante detenuto in Italia, anche in cassette di sicurezza, e non dichiarato al fisco.

Devono nel contempo menzionarsi gli stretti obblighi, che incombono anche su ogni istituto bancario, di monitoraggio e segnalazione di operazioni sospette di riciclaggio, comprese le operazioni di “autoriciclaggio” di cui all’art. 648-ter1 del Codice Penale consistenti nell’impiego in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative, del denaro, beni o altre utilità provenienti dalla commissione di un reato fiscale.

In tale quadro, ci permettiamo di segnalarle la nostra attività di consulenza ed assistenza nella gestione delle istanze di “Voluntary Disclosure Bis” di prossima scadenza, come maturate da una proficua collaborazione professionale che si è consolidata nella gestione delle pratiche riguardanti lo Scudo Fiscale del 2001, lo Scudo Fiscale Bis del 2003, lo Scudo Fiscale Ter del 2009 ed infine con la prima versione della Voluntary Disclosure del 2014.

dott. Andrea Vallese

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