Quando si affronta il tema dei reati tributari, ci si deve necessariamente scontrare con il regime delle presunzioni legali previste dalle norme tributarie, le quali hanno un valore meramente indiziario e non possono (non devono) costituire di per sé fonte di prova della commissione del reato.
Tali circostanze assumono esclusivamente il valore di dati di fatto, che devono essere valutati liberamente dal giudice penale unitamente ad elementi di riscontro che diano certezza dell’esistenza della condotta criminosa.
L’imprenditore che pertanto sia colpito da una forma di accertamento presuntivo dell’Agenzia delle Entrate, basato ad esempio su rilievi di movimentazioni bancarie, e per tale ragione venga tratto a giudizio in sede penale senza l’obbiettivo riscontro fattuale delle contestazioni addebitate, deve andare esente da condanna penale poichè gli elementi di prova così posti a fondamento dell’accusa hanno natura meramente indiziaria e non sono sufficienti a fondare il giudizio di responsabilità penale dell’imputato.

Secondo l’orientamento assolutamente maggioritario e dominante della giurisprudenza, si deve partire dal principio secondo cui il giudice penale non potrà utilizzare, ai fini della prova del fatto, il meccanismo della mancata prova contraria per poter accertare il fatto “fiscale” posto alla base dell’imputazione a carico del contribuente-imputato, pur con alcune eccezioni e/o corollari.

Del resto, il suddetto principio era già stato affermato dalla Suprema Corte anche in materia di c.d. “estero-vestizione”10, ove la corte di cassazione ha avuto modo di ribadire, pur come inciso, in una nota sentenza ( il noto caso “Dolce&Gabbana”), la non trasferibilità in sede penale delle presunzioni tributarie.

Difatti, secondo quest’ultima pronuncia, “i principi fondamentali in tema di prove sono quelli del libero convincimento del giudice (art. 192, co. 1, c.p.p.), della libertà della prova (art. 189 c.p.p.), della valenza probatoria degli indizi soltanto se gravi, precisi e concordanti (art. 192, co. 2 c.p.p.)”.

IN CONCLUSIONE:

Essere colpiti da un accertamento fiscale di rilevante entità tale da comportare l’imputazione dei reati tributari previsti dalla norma per il superamento dei limiti non fornisce di per sé la prova della penale responsabilità del contribuente che deve essere comunque accertata pienamente nel processo penale.

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